Ho ottima memoria per gli odori.
La mia mente è uno sconfinato archivio traboccante aromi e
miasmi di ogni tipo.
Tramite l’olfatto percepisco cattiveria, natura demoniaca o
al contrario, bontà d’animo . Ci sono tante cose che sfuggono ai nasi atrofizzati degli umani, che da quando hanno
dimenticato il linguaggio animale perdendo
la loro natura di scimmie, sono diventati degli alieni su questa terra. Madre
Gaia ormai non li riconosce più e li tratta di conseguenza tentando di
sterminarli.
Non tutte le scimmie glabre però, vengono per nuocere: non
scorderò mai l’odore di quel bambino che trovato il giaciglio dove mia mamma
aveva lasciato me e i miei fratelli mentre era in cerca di cibo, prese
brevemente il suo posto.
Sì, perché nostra madre, una bella gatta nera dal lungo
manto, ci lasciò come tutte le mattine per andare a cercare cibo, ma non fece più
ritorno. La perversa voglia di uccidere tipica dell’essere umano ce la portò
via, ammazzata da un sadico ragazzotto che decise di testare su di lei la
balestra che il padre teneva nell’armeria.
Sollevammo tutti la testa di scatto quando sentimmo l’urlo
che emise durante il suo assassinio e quando finimmo di miagolare disperati, l’istinto
ci disse che eravamo spacciati: disgraziatamente dipendevamo dalle cacciagioni
di nostra madre e non avevamo ancora imparato a cacciare.
Se non fosse stato per quel bambino e gli avanzi della
pescheria di suo padre, saremmo morti di stenti . Come sentivamo l’odore del
pesce, uscivamo dalla siepe in cui vivevamo correndogli incontro a coda ritta e mangiando tutti
insieme da una ciotola di alluminio.
Tutto andò bene fino a quando il cucciolo umano non decise
di portare suo padre a guardarci , che rivolgendosi a lui esclamò: “Argo, evita
di allontanarmi dal negozio per queste cazzate. Se pensi di portarteli in casa
te lo scordi e che non ti peschi più a portare resti di orata fuori dal negozio
per queste bestiole insopportabili!”.
Il bambino però, non si arrese: arrivò in compagnia di un anziano
umano panciuto e dimesso, il cui volto bonario ci ispirò subito fiducia. La
gente lo soprannominava “il nonno dei randagi”, perché si occupava degli
animali in difficoltà del quartiere.
Ci mise tutti in un trasportino e ci diede in adozione ad
alcuni abitanti del quartiere. Eravamo spaventati quando vedevamo quelle mani
avvicinarsi per prenderci, ma quando fui agguantato da Caryn mi sentii subito
al sicuro. Percepivo in lei un’immane forza che gli altri umani non possedevano,
ma non ne fui impaurito. La sua voce calma mi ispirò fiducia e mi abbandonai facendo
le fusa tra le sue braccia, ma scoprii in
seguito che non era lei a cui ero destinato, ma a una delle sue figlie, Ide.
Era anche lei una cucciola come me e come mi vide mi stordì urlando
di felicità e mi rivolse così tanto affetto che ci misi poco ad affezionarmi a
lei. Ciò che mi suggerì l’istinto era di dubitare degli esseri umani, ma
imparai a gestire questo tipo di sentimento grazie ad Ide, che divenne quasi
una sorella.
Poi una sera di autunno, iniziai a sentirle addosso un
cattivo odore.
Iniziai a percepirlo tutte le volte che rientrava tardi a
casa e quel fetore di morte capii che non era il suo, ma di un esemplare di
umano maschio, giovane e dedito a qualcosa di turpe.
Durante un pranzo in famiglia, scoprii da dove arrivava: era
il lezzo di Stelian, il suo nuovo ragazzo. Odiavo quelle sue lunghe mani
pallide e passavo il tempo a scansare le sue carezze: il suo tocco era gelido e
sventuratamente la mia natura sensitiva, mi mandava brevi flash della sua vita.
Un giorno che rizzai il pelo e soffiai,
Ide e i suoi famigliari la presero sul ridere, pensando che fosse a causa del
freddo invernale che si portava addosso appena entrato in casa.
Non sanno che il gelo per un esemplare a pelo lungo come me
è una buffa piccolezza: trasalii perché percepii
nella mia mente l’ urlo straziante di un piccolo animale, probabilmente un
coniglio ,ucciso in modo terrificante.
Soffrivo nel vedere Ide dormire stretta a quell’anomalia
umana di Stelian ed essere scacciato dal letto dai loro piedi, mi fece soffrire
moltissimo.
Mai offendere un gatto: nella loro superficialità gli umani sottovalutano
l’ orgoglio felino. Calci e carezze si addicono ai cani, ma noi gatti siamo di
tutt’altra pasta. Un’onta subita si lava solo con la vendetta per cui iniziai a
pedinare quell’essere ripugnante e debbo ammettere che quella scimmia glabra,
fu piuttosto abile nel seminarmi. Era dotato di una velocità irreale per essere
un uomo e come raggiungeva l’ombra di un vicolo, spariva completamente…puzzo
compreso.
Poi, mentre mi leccavo infuriato sentendomi stupido per
averlo perso un'altra volta, fiutai un vecchissimo odore della mia infanzia e
mi passarono davanti due umani dall’aspetto predatorio.
Ne rimasi ammaliato: la loro andatura fiera e ed elegante,
mi ricordava tanto quella delle mie cugine tigri. Erano pericolosi ,affascinanti
e i loro corpi avevano qualcosa di diverso da quelli degli umani che ero
solito incrociare per le vie del centro.
Sapevano di cibo, tensione e rabbia; quello più piccolo di
statura, aveva qualcosa di familiare.
Frugai nel mucchio di ricordi della mia
mente e poi realizzai: quel tizio era il
bambino del pesce.
Dopo che i due si separarono, pedinai il ragazzo del pesce fino a casa e mi
arrampicai su di un albero di fronte al suo palazzo quando mi accorsi che
percepì la mia presenza.
Gridò: “Ma che bello sei! ASPETTA, NON SCAPPARE!!” ma ormai ero già sparito tra i rami; qualche
minuto dopo uscì da casa guardandosi intorno, lasciando avanzi di cena a terra
in una vaschetta per alimenti.
A quel punto decisi che la mia adorata Ide, doveva diventare
la sua compagna ad ogni costo.
“Non sono qui per
ucciderti” dissi a un merlo che mi guardava terrorizzato, ”Voglio solo sapere se sai se al sorgere del
Sole quell’umano al terzo piano esce di casa”.
“Sì, ma ti prego
lasciami stare, la mia compagna ha appena covato” mi rispose e io fui di
parola.
Mi appostai facendo brevi pisolini e le orecchie fecero
la guardia tutta notte.
All’alba, Ide mi comunicò
telepaticamente “OH BAS, MA DOVE
CAZZO SEI FINITO TUTTA NOTTE?!”
Inventai una buona scusa felina:“Sono fuori dal
negozio, non avevo sonno e c’è una gatta che mi piace qui. Ti aspetto davanti
alla saracinesca.”
Come Ide arrivò, come per magia uscì anche il ragazzo e io andai
verso il giovane strofinandomi contro le sue gambe.
“Ti sei perso
bestione?” disse bonariamente il ragazzo che si inginocchiò vicino a me.
Ide arrossita disse: ”Bastet,
vieni qui! Scusami, mi è scappato stanotte.”
Lui rispose: “Ah, è
tuo quindi? E’ meraviglioso sai?”
Io comunicai telepaticamente a Ide “Presentati almeno, percepisco che lui ci tiene”.
“Ci vediamo tutte le
mattine e non ci siamo mai presentati: Ide, piacere.”
“Argo, piacere mio.
Passa una buona giornata.” Rispose.
“Ti piace Ide,
confessa!” la punzecchiai e lei rispose “Bas,
smettila. Non fare mai più una cosa del genere piuttosto, temevo di trovarti
disteso sul rettilineo di viale Regina.”
Mi appollaiai su di un vecchio cuscino nel magazzino dei
farmaci in negozio, riflettendo su come incastrare Stelian aggirando i suoi
trucchetti da stregone. Poi sentii fuori
dal negozio, il frusciare di un gruppo di foglie spostate dal vento e capii che
le correnti d’aria, con il loro trasportare odori da lontano, potevano essere buone
alleate per scovare Stelian.